di Antonio Bellucci
- Padre Antonio Bellucci -
Qualche informazione a riguardo di Padre Antonio Bellucci presente sul sito del “Dizionario Bio-Biografico dei bibliotecari italiani del XX Secolo”.
Mi piace iniziare con una nota:
Salvatore Di Giacomo è l'autore del Catalogo Musicale dell’Oratorio di San Filippo Neri in Napoli. Si racconta che i preziosi volumi di musica manoscritta non fossero mai stati inventariati dai Padri dell'Oratorio, che ne erano gelosissimi. Pare che il P. Antonio Bellucci abbia fatto accedere di nascosto il Di Giacomo nell'Archivio, e che lo abbia chiuso dentro assicurandosi che il Custode - Conservatore del tempo non si accorgesse di nulla...
Di certo c'è la dedica al P. Bellucci sul frontespizio del Catalogo che il Di Giacomo fece pubblicare, dedica che P. Antonio Bellucci ha ricambiato dedicando a Salvatore Di Giacomo il testo oggetto della sua trattazione con poche e semplici parole all'inizio del testo: "A Salvatore Di Giacomo".
Padre Antonio Bellucci nacque a Napoli il 31 maggio del 1887 e vi morì il 7 settembre 1971.
Laureato in diritto civile e canonico alla Facoltà giuridica pontificia, venne ordinato sacerdote nel settembre 1911.
Curò fin da giovane la Biblioteca Oratoriana (o Biblioteca dei Gerolamini) di Napoli, frequentata da Benedetto Croce, Di Giacomo e tanti altri dotti e letterati, diventandone presto, di fatto, il direttore, anche se solo nell'ottobre 1945 ne venne nominato formalmente Prefetto.
Nell'aprile 1946 era stato nominato Conservatore onorario del Monumento dei Girolamini.
Socio dell'Associazione italiana biblioteche dalla sua costituzione (1930), partecipò al suo primo Congresso nazionale nel 1931. Nel dopoguerra, venne eletto nel Comitato provvisorio della Sezione della Campania e della Calabria (1948-1949) e poi confermato nei Comitati regionali fino alla sua morte. Per la Sezione tenne diverse conferenze e fu quasi sempre presente ai congressi nazionali degli anni Cinquanta e Sessanta.
Andando un bel po’ indietro nel tempo… esordisce la sua trattazione P. Antonio Bellucci raccontando che “I discepoli di S. Filippo Neri - che si chiamarono Filippini od Oratoriani dal nome del loro Fondatore o dal titolo di Oratorio dato alla Congregazione fondarono verso il 1586, una Biblioteca molto ricca di opere e pubblica, per averla aperta, contro gli usi d'allora, ad ogni genere di studiosi”.
Queste legature erano appartenute al “napoletano Giuseppe Valletta, resosi famoso per una sua insigne Libreria privata, visitata e consultata dai più illustri letterati stranieri, di passaggio per Napoli, e da quanti si distinsero in quel tempo presso di noi nei buoni studi”.
Come dunque esse confluirono nella biblioteca dell’Oratorio?
Eccone la spiegazione:
È dunque a Giambattista Vico – spiegazione che si trova un po’ più avanti nel testo -, amico dei pp. Filippini, che si deve l'acquisizione della celebre Biblioteca Valletta che stava per essere svenduta all’estero: un prezioso patrimonio culturale finito in eredità a Diego Valletta la cui definizione di “semiscimunito” lascia comprendere la sua incapacità nel comprendere e valutare quello che aveva ricevuto in sorte.
La Biblioteca, o quel che ne restava, fu valutata dal Vico quattordicimila ducati provvedendo alla compilazione del catalogo.
In una sua lettera del dì 20 gennaio 1726 al P. Vitry gesuita si legge che "i PP. dell' Oratorio con animo veramente regale e pio verso di questa patria comprarono la celebre libreria di Giuseppe Valletta per quattordicimila ducati, la quale trent'anni addietro valeva ducati trentamila. Ma il Vico dovette stimarla tenendo conto dei libri greci e latini che formano il maggior corpo della libreria Vallettiana, e che a quel tempo erano, anche le più belle e corrette edizioni primiere, decaduti di più della metà del loro prezzo".
Il testo della lettera di G. B. Vico viene riportato tra le pagine 8 e 9 dell’estratto descritto in queste note.
Lo riportiamo in aggiunta alle pagine dell’estratto le cui prime abbiamo voluto trascrivere integralmente per suscitare la curiosità dell’appassionato.
Tra l’altro nella stessa pagina 9 P. Antonio Bellucci scrive:...
[ …. ]
“Riassumo, brevemente, i cenni intorno alla storia della legatura in Italia, ed intorno all’origine e all’esplicamento della discussa attribuzione. Per quanto la storia della legatura medioevale moderna in Italia abbia avuto, specialmente negli ultimi cinquanta anni, uno sviluppo non indifferente, molto di più, in paragone delle altre nazioni, avremmo potuto fare: la nostra letteratura, al riguardo, non è delle più ricche: in Italia molti, anche non indifferenti in altri rami di bibliofilia, non dividono gli entusiasmi degli appassionati per la storia di un’arte che ebbe la sua culla proprio fra noi, fiorendo specialmente a Venezia, e che non fu mai superata altrove: nella silenziosa e gloriosa Repubblica veneta, infatti, quest’arte primeggiò, dal periodo umanistico fino a che l’influsso orientale e bizantino non le inoculò il germe della decadenza.” [ …. ]
Ho inserito questa digressione per aumentare la curiosità e l’interesse sul perché “la legatura” sia stato, e penso sia ancora, di un forte interesse nell’ambito dell’antiquariato librario.
Si potrà accedere all'intera trattazione in quella delle biblioteche che conservano una copia dell’estratto stesso o tutt’al più del Bollettino del Bibliofilo in cui il contenuto dell’estratto è riportato.
Dunque nessun collegamento sembra possa esserci tra la biblioteca di Giuseppe Valletta e quella di Demetrio Canevari.
Perché dunque alla biblioteca del Canevari è stata attribuita erroneamente, nel sec. XIX, la provenienza di una serie di legature che ancor oggi sono indicate col nome del "Canevari"?
Tutto lascia a intendere che questa presenza nella biblioteca Oratoriana, non abbia nulla a che fare con il Canevari che fu medico e bibliofilo genovese e che visse tra il 1559 e il 1625, anno in cui morì a Roma dove esercitò per 41 anni circa la professione di medico.
Dopo la sua morte la sua biblioteca i cui volumi di medicina e filosofia era composta da circa 5.000 volumi, fu trasferita interamente a Genova dove nel XVIII fu affidata ai gesuiti e ai padri somaschi.
La parte recuperata – circa la metà dei volumi furono rubati – nel XIX secolo venne collocata presso l'Opera pia del sussidio Canevari, fondazione testamentaria del Canevari.
La biblioteca è conservata presso la “Civica” di Genova; il fondo è composto di 3 manoscritti, 110 incunabuli, 1906 edizioni del cinquecento e 421 del seicento.
Nel 1974 l’editore “Franco Angeli” ha pubblicato di Rodolfo Savelli nella collana “Filosofia e scienza nell’età moderna” il volume “Catalogo del Fondo Demetrio Canevari della Biblioteca civica Berio di Genova”